Dolmen e menhir del Salento, itinerario in bici

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Da sapere

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Descrizione

Dolmen, menhir ed enigmatici imponenti massi del Salento. E' un viaggio nella civiltà della pietra. Questo itinerario cicloescursionistico attraversa il parco megalitico di Giurdignano, tra ulivi secolari e terra rossa. Parte dal cuore di Otranto e tocca una delle meraviglie di Puglia, la cava di bauxite. Ma non solo, esso infatti si affaccia nel blu Mediterraneo dal punto più a est d’Italia, sorvegliati dal Faro della Palascìa.

Da Otranto a Baia delle Orte  - Dolmen Salento

Si parte dal centro storico di Otranto (km 0.3) e precisamente dalla Cattedrale. Famosa per il rosone gotico e l'elegante portale, oltre il quale si trova il mosaico del monaco Pantaleone. Esso fu realizzato fra il 1163 e il 1165. L’intero pavimento della basilica raffigura l’albero della vita. Esso racconta il cammino dell’uomo per affrancarsi dal peccato e ottenere la salvezza eterna.

Attraversando il borgo antico, si giunge al Castello Aragonese (km 0,7). L'imponente struttura è protesa verso il mare che, nei secoli scorsi, lo circondava per difenderlo. Superato il fossato, si scende in direzione del porto, per poi salire fino al Colle della Minerva (km 1,7). Entrando nella Chiesa Santa Maria dei Martiri. Questo è il luogo in cui avvenne l'uccisione degli ottocento otrantini per mano dei turchi.

Ai piedi della chiesa, una ripida salita permette di uscire da Otranto e dirigersi verso baia delle Orte (km 4,7). Senza dubbio, la più selvaggia delle spiagge della costa di Otranto. Essa si raggiunge imboccando un sentiero sterrato, tutto in discesa, fino al livello del mare.

La Cava di Bauxite

Si risale pedalando sullo sterrato irregolare per quasi un chilometro fino a raggiungere il famoso lago rosso nella ex Cava di bauxite (km 5,7). È davvero uno spettacolo unico con le rocce rosse da paesaggio marziano che si tuffano nelle acque placide di un colore verde smeraldo. La bauxite è un minerale usato per ricavare l’alluminio. Questa cava fu attiva dal 1940 al 1976.

Ed è stato dunque l’uomo a scavare nella scogliera a pochi metri dal mare. Egli ha creato questo grande catino di terra e acqua, in parte circondato dalla pineta. Solo l’abbandono dell’attività estrattiva ha consentito alla natura di riappropriarsi di questo spazio, trasformandolo in un luogo suggestivo. La luce del sole, con i suoi raggi che esaltano i colori, rende ulteriormente magico il sito soprattutto alle prime luci del giorno e al tramonto. Uno spettacolo unico e indimenticabile.

Un single track di poche centinaia di metri consente di immettersi sulla litoranea per Porto Badisco. Dopo un brevissimo tratto, si svolta a destra su uno sterrato comodo che attraversa un’area di macchia selvaggia.

Abazia di Casole e Torre Sant'Emiliano

La masseria sulla sinistra nasconde uno dei gioielli dimenticati della storia del Salento: i resti della Abbazia di Casole (km 7,9), cuore del dialogo tra Oriente e Occidente. Uno dei cenobi più importanti del Mediterraneo, una delle biblioteche più ricche dell’Occidente. La proprietà è privata, quindi per accedere occorre chiedere il permesso. Fra le rovine, spicca l’abside miracolosamente quasi intatto.

Qui, “su questo palcoscenico di bellezza” avvenne, come affermò la scrittrice Maria Corti, “un fatale scontro di idee sacre e di appetiti profani”. Di cui restano solo rovine.

Lasciandosi alle spalle questa pagina di storia, si continua a pedalare con qualche difficoltà per il fondo sterrato irregolare. Al km 9,4  isolato nella brulla campagna ci troviamo in un balcone sul mondo mediterraneo. E' la Torre Sant’Emiliano.

Si continua pedalando su uno sterrato molto pietroso che costringe spesso a scendere dalla sella, finché non si arriva a Masseria Cippano (km 9,9). Un tempo, masseria fortificata del XV secolo, dominata da una torre di difesa. Nel 2010, Ferzan Ozpetek decise di girare qui alcune tra le scene più suggestive del suo film “Mine vaganti”.

Si torna in sella sullo sterrato per giungere nuovamente sulla litoranea che accompagna il percorso lungo la costa fino alla spiaggetta di Porto Badisco (km 14,1). Si tratta di una deliziosa spiaggetta incastonata nella scogliera. Qui, si possono gustare favolosi ricci. Prima di arrivare si attraversa l’area archeologica su cui insiste la Grotta dei Cervi. La terra che nel suo ventre conserva lo scrigno di disegni e pittogrammi primitivi, inaccessibile per non alterare il microclima che ne consente la conservazione.

Porto Badisco è un borgo piccolissimo che offre la possibilità di gustare ricci appena pescati ed è dunque ideale per una tappa. Subito dopo si prosegue sulla litoranea lungo una salita che segue la costa toccando Torre Minervino (km 16,3).

Da Cocumola a Specchia Gallone - itinerario Dolmen Salento

Si lascia la litoranea per salire con un piccolo ma deciso strappo verso l’entroterra.  Si arriva prima al piccolo centro Cerfignano (km 19,5), frazione di Santa Cesarea Terme. Dopodiché si raggiunge Cocumola (km 21,2), altro minuscolo e delizioso borgo, con la sua singolare piazza triangolare nella quale spiccano, all’ombra dei palazzi nobiliari, le fogge usate per conservate il frumento. Si stima che alla fine del 1800 se ne contassero circa duecento in grado di stipare complessivamente ben diecimila quintali di frumento.

Ancora campagna, con gli ulivi che si alternano fino a Minervino di Lecce (km 23,4). Accolti da una bella piazza a forma rettangolare su cui si affaccia la Chiesa madre di San Michele Arcangelo che però orienta da tutt’altra parte la facciata con il suo prezioso rosone barocco che con i suoi intagli richiamo quello della Basilica di Santa Croce di Lecce.

Si esce dal paese solo per poche centinaia di metri e si arriva alla frazioncina di Specchia Gallone (km 25,7). Il villaggio, nonostante i suoi quattrocento abitanti, può contare su un imponente palazzo baronale. Lasciato alle spalle il piccolo centro, si attraversa la provinciale 62 per ritrovarsi a pedalare lungo una strada circondata da ulivi monumentali (km 28), oggi alle prese con la piaga della Xylella.

I massi della Vecchia

Altri due chilometri e una brevissima deviazione sulla destra fa aprire le porte a uno dei luoghi magici più enigmatici del Salento. I Massi della Vecchia (km 30). Si tratta, cioè, di originali rocce di grandi dimensioni e strane forme che hanno alimentato le più fantasiose leggende. Come quella, appunto, che vuole questo luogo regno di una strega, la Vecchia. Secondo i racconti tramandati, essa premiava chi dava la giusta risposta alle sue domande con una gallina con sette pulcini d’oro, ma che puniva chi sbagliava trasformandolo in roccia.

Così nel raggio di poche decine di metri, uno dopo l’altro si affiancano Lu Lettu te la Vecchia (il letto della vecchia), Lu Furticiddhu te la Vecchia (il volano del fuso della vecchia) e il Piede d’Ercole, tutte grandi formazioni calcarenitiche di epoca miocenica, che le piogge e il vento hanno bizzarramente modellato nel corso del tempo.

Dolmen Salento da Giuggianello a Giurdignano

Si torna sulla strada asfaltata per toccare Masseria Quattromacine (km 32), su un piccolo rilievo, per continuare a pedalare nella campagna. Guidati dai muretti a secco, entriamo in luogo davvero magico. Una deviazione a sinistra su una strada sterrata conduce, dopo poche centinaia di metri, al Dolmen Stabile (km 33,2). Un  “muro” di enormi massi che fa da quinta al dolmen Salento, tutto sommato di piccole dimensioni (è alto poco più di un metro e il lastrone che lo ricopre è lungo due metri e sessanta e largo poco meno di due metri). Questo, una volta, faceva parte di un piccolo complesso di dolmen, poi rimossi per far posto alle coltivazioni.

E restano un mistero anche i menhir. Essi, uno dopo l’altro si susseguono in questa terra che viene definita come il più grande giardino megalitico d’Italia. Ecco allora il Menhir Vicinanze 2 (km 34,6), alto tre metri, infisso come una spada nella roccia su un piccolo rilievo lungo la strada. Ancora poche centinaia di metri e a un altro crocicchio c’è il Menhir Vicinanze 1 (km 34,8), ancora più alto (quasi quattro metri), anch’esso infisso nella roccia.

Ma è il Menhir San Paolo (km 35,2) quello più singolare tra i dolmen Salento, anche se è alto solo poco più di due metri. Lo si incontra sempre sulla strada, sulla sinistra. Ai suoi piedi nel banco roccioso scelto per edificarlo si apre una piccola cavità naturale, una grotticella che custodisce un antico affresco di San Paolo e un ragno che fa pensare al fenomeno delle tarantate.

Giurdignano e il Menhir Madonna del Rosario

Si arriva a Giurdignano (km 35,4) e si sfiora un altro monumento rupestre. Ossia, il Menhir San Vincenzo (km 35,5), prima di ritrovarsi davanti a un altro piccolo scrigno di colore, arte e storia, la Cripta di San Salvatore (km 35,6). Difatti, essa è inglobata in una moderna costruzione in pietra leccese che dai finestri fa intuire la bellezza qui protetta, è un vero gioiello dell’architettura rupestre bizantina, risalente all’VIII secolo, con le sue tre navate scavate interamente nel banco di roccia tufacea.

Dopo un centinaio di metri, ci si ritrova nel centro storico di Giurdignano (km 36) al cospetto del palazzo Baronale. Nel centro urbano si tocca il Menhir Madonna del Rosario (km 36,3) per poi imboccare una stradina che, dopo il cimitero, inizia a condurre in direzione del mare. Di versi sono i dolmen Salento situati nei centri storici. Tra gli ulivi e i muretti a secco, sulla sinistra c’è l’ingresso della Fondazione Le Costantine (km 37,6).

Oltre ad essere una struttura di accoglienza, per curare l'aspetto culinario e quello spirituale, qui c’è un pezzo di una storia singolare del Salento. Una pagina ancora oggi molto viva, con il suo fulcro nelle vicende di donne laboriose e intraprendenti che, nel segno dell’emancipazione, costruirono qui tra Ottocento e Novecento una singolare esperienza con attività d’avanguardia sia nella gestione dell’azienda agraria sia nella tessitura e nel ricamo.

Si continua a scendere gradualmente fin quando un sentiero sulla destra non apre le porte alla Valle dell’Idro (km 39,5), che prende il nome dal corso d’acqua alimentato da sorgenti sul lato nord della valle, le sorgenti di Carlo Magno. È solo un ruscello, ma quanto basta per alimentare gli orti di una valle che alimentano la comunità di Otranto (qui, tra l’altro, si coltivano le cicorie all’acqua, specialità locale). Acqua che in passato è persino servita per costruire un vero e proprio piccolo acquedotto per soddisfare le esigenze militari delle basi del porto (lo costruirono gli inglesi) e quelle delle popolazione locale.

La Chiesa rupestre di Sant'Angelo tra i dolmen Salento

Ci allontaniamo dall'are dei Dolmen Salento, per giungere sul versante destro della valle. Qui corre il sentiero che diviene presto sterrato, a un certo punto si aprono delle cavità, piccole grotte che costituirono casa e rifugio fin dai tempi remoti. È ancora la civiltà della pietra a parlare con la Chiesa rupestre di Sant’Angelo (km 39,8), con i suoi affreschi che lottano con le ingiurie del tempo. Colpisce la struttura, parte crollata, con i tre absidi tutti scavati nella roccia, a cui si accede attraverso due porte, mentre a fianco una terza porta introduce ad un’altra piccola cavità.

Si continua a pedalare lungo l’Idro e il sentiero diviene un single-track che taglia gli orti fin quando la strada, come il fiume, non “sfocia” a Otranto (km 42,3), ancora poche centinaia di metri e si ritorna davanti alla Porta Alfonsina (km 42,6). Alla ricerca di un approdo sicuro che Otranto, da secoli, continua a offrire.

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